11 aprile 2008

Le porte dell'Arallu


Il nome della montagna è Mashu.
Appena egli giunse alla montagna Mashu:
- coloro che giornalmente sorvegliano l'uscita e l'entrata:

sopra di loro grava la volta celeste,
al di sotto l'Arallu tocca il loro petto -
uomini-scorpione stanno a guardia della sua porta,
la paura che essi incutono è enorme, nel loro sguardo c'è la morte,
il loro grande terrore riempie le montagne,
essi stanno a guardia del Sole nel suo sorgere
e nel suo tramontare.

Allorché Gilgamesh li vide, per la paura 
e
per il terrore il suo sguardo si annebbiò.

Egli si fece forza e si chinò davanti a loro.
L'uomo-scorpione si rivolge a sua moglie:
"Colui che è venuto da noi: il suo corpo è carne degli dei".
La moglie dell'uomo-scorpione gli risponde:
"Per due terzi egli è dio, per un terzo è uomo".

L'uomo-scorpione dice a Gilgamesh, progenie degli dei, rivolge la parola:
"Chi sei tu che hai percorso vie lontane,
hai girovagato, finché non sei giunto alla mia presenza,
attraversando con affanno persino correnti d'acqua travolgenti?
Vorrei volentieri sapere il perché del tuo viaggio;
colui verso il quale il tuo sguardo è rivolto,
[vorrei] volentieri conoscere".

...
Gilgamesh [ ]:
"Da Utnapishtim, mio antenato voglio recarmi;
colui che entrò nella schiera degli dei, che trovò la vita,
sulla vita e sulla morte voglio interrogare".


L'uomo-scorpione aprì la sua bocca e disse,
 così parlò a Gilgamesh [ ]:
"O Gilgamesh, a nessun uomo ciò è mai riuscito!
della montagna nessuno ha mai attraversato le sue viscere,
il suo cuore è buio per dodici doppie ore,
densa è l'oscurità, non vi è la luce!
Verso il sorgere del Sole [ ]
verso il tramonto [ ]
verso il tramonto [ ]
hanno fatto uscire [ ]"


...(parla Gilgamesh)
"I miei muscoli sono rigidi,
il mio volto, per il caldo e per il freddo, è livido,

per la fatica ho perduto le mie forze"
...


La saga di Gilgamesh, Giovanni Pettinato, Rusconi Libri 1992
con integrazioni e correzioni da
Il Ghilgames, Claudio Saporetti, Simonelli Editore 2001
The Epic of Gilgamesh - a new translation, Andrew George, Penguin Press 1999

A cura di Thomas Porzano

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