30 agosto 2007

Rimedi omeopatici

Nel mondo greco è noto un rito descritto sia da Tito Livio che da Quinto Curzio. L’episodio descritto da Tito Livio (40, 6, 1) si svolge all’epoca di Filippo V, durante la rivalità tra i figli Demetrio e Perseo: “Si arrivò quindi alla data della purificazione dell’esercito celebrata secondo il seguente rituale: si taglia un cane a metà, si piazza la parte comprendente la testa sulla destra di una strada, e la parte posteriore con le viscere, sulla sinistra; si fa poi sfilare l’esercito in armi tra i due pezzi di questa vittima”.
Nella testimonianza di Quinto Curzio, X, 9, 11 l’episodio si colloca dopo la morte di Alessandro Magno, durante le guerre che opposero Perdicca a Meleagro: “Si decise una lustrazione dell’esercito conforme alla tradizione; la discordia passata sembrava essere un motivo plausibile. I re di Macedonia erano soliti fare la lustrazione dell’armata gettando le interiora di una cagna tagliata in due all’inizio della pianura in cui si conduceva l’esercito, a destra e a sinistra...”
In entrambi i casi passare attraverso le due metà dell’animale sacrificato ha il significato simbolico di risolvere una controversia che rischierebbe di spaccare in due la comunità: un rito omeopatico risolve, cioè, la frattura dell’unità sociale tramite il contatto con la frattura rituale del simbolo dell’unità stessa.
Molti anni dopo Clay Trumbull racconta che il generale Grant giunto ad Assiout, località di frontiera, fu costretto ad attraversare una passerella alle cui estremità erano state poste la testa di un bue da un lato e il resto del corpo dall’altro.

28 agosto 2007

Il Monte Analogo


"Sto scrivendo un racconto piuttosto lungo nel quale si vedrà un gruppo di esseri umani che hanno capito di essere in prigione, che hanno capito di dovere, prima di tutto, rinunciare a questa prigione (perchè il dramma è l'attaccarvisi), e che partono in cerca di un'umanità superiore, libera dalla prigione, presso la quale essi potranno trovare l'aiuto necessario. E lo trovano, perchè alcuni compagni e io abbiamo realmente trovato la porta. Solo a partire da questa porta comincia una vita reale. Questo racconto avrà la forma di una romanzo di avventura intitolato "Il Monte Analogo": è la montagna simbolica che unisce il Cielo alla Terra; via che deve materialmente, umanamente esistere, perché se no, la nostra situazione sarebbe senza speranza..."

(René Daumal, lettera del 24 febbraio 1940)

23 agosto 2007

Sala d'aspetto

























L'intero spazio della mia vita
fu una sala d'aspetto da soglia a soglia,
racchiusa da vetri con aria in cornici d'acciaio
sotto le picche incrociate
di lancette d'orologio.

Stare in ascolto. Sussurrare. Trattenere il respiro.
Attendere un qualche segnale.
Ritardo. E di nuovo.
Ancora un poco. Già domani. Ancora
un attimo di pazienza infinita.

Se sbattevo l'ala contro l'aria vitrea,
invece di infrangerla,
era l'aria a spezzare la mia ala.

Sono già trascorsi i miei secondi.

Non saprò aspettare. Ma confuso
come in un sogno apparve
attraverso i vetri sporchi,
quasi in uno specchio nella nebbia,
il mio volto riflesso.

Era il volto stesso dell'attesa,
giunto al punto di pietrificazione.

E ho capito, all'improvviso:
c'è sempre un'ultima scadenza
per infrangerlo col naso -
per smuovere quest'aria inchiodata.

Non arriverà più un treno da altri luoghi.
Non più.

Dovrò io stessa diventare
il fischio di un treno lontano,
e un ritmo affannoso
sempre più veloce, sempre più vicino,
sempre più qui!


Blaga Dimitrova, 1978
Dalla raccolta Spazi, Sofia, 1980

20 agosto 2007

Parmenide


L'asse nei mozzi, incandescente, mandava lo stridore di un sibilo… allorché le fanciulle affrettavano la loro guida, lasciando la dimora della Notte, verso la luce, con le mani scostandosi il velo dal capo.
Ivi è la porta che apre i sentieri della Notte e del Giorno, incorniciata da un architrave e da una soglia di pietra. La porta stessa, poi, è occupata da enormi battenti: di essi la Dea che molto punisce tiene le chiavi alterne. Essa persuasero le fanciulle, con accortezza e il consiglio; di dolci parole, a togliere dalla porta velocemente il paletto del chiavistello. Spalancata allora la porta produsse una vasta apertura dei battenti, facendo girare a vicenda i perni di bronzo nel cavo dei cardini, fissati con viti e fermagli. Traversando dunque la porta in quel punto, guidarono le fanciulle cocchio e cavalle diritto per la strada maestra. Mi accolse la Dea con mente benevola, la mano destra mi prese con la sua destra, e così mi rivolse parole dicendo: «O fanciullo, compagno di aurighi immortali, che giungi alla nostra casa condotto dalle cavalle, salute! Perché non certo una Moira malvagia ti spinge a percorrere questa via (è infatti lontana dalla via battuta dagli uomini) ma Temis e Dike. È necessario perciò che tu apprenda ogni cosa, tanto l’immobile cuore della verità perfettamente rotonda quanto le opinioni dei mortali, cui non si può concedere vera fiducia. Ma nondimeno imparerai anche queste, poiché facendo esperienza completa di tutte le cose è necessario che le apparenze siano vagliate.»
(Parmenide, Frammenti, trad. it. F. Trabattoni, Parmenide. I frammenti, Marcos y Marcos, Mi 1991)

14 agosto 2007

Nessun abisso


Nessun abisso, nessun rischio, nessun coraggio, nessun mettere in pericolo, nessun pensiero verticale, nessun discorso, nessuna gloria, lontana la filosofia, lontana la poesia, solo un uomo che guarda l’altro e questo gli assomiglia, eternamente.
(Gérard Rancinan)