For ever in delight
Il 3 maggio 1818 John Keats descrive in una lettera all’amico John Hamilton Reynolds una sua teoria sui differenti livello di pensiero a cui l’uomo avrebbe facoltà di accedere: soglie che liberamente gli individui possono decidere di oltrepassare o no, consentirebbero il passaggio da una sorta di mondo fanciullo, la Thoughtless Chamber, ad un ambiente dall’aspetto luminoso, la Chamber of Maiden-Thought, che si presenta come una sorta di stanza delle meraviglie, dove sarebbe davvero bello poter restare “for ever in delight”…
« I compare human life to a large Mansion of Many Apartments, two of which I can only describe, the doors the rest being as yet shut upon me - The first we step into we call the infant or Thoughtless Chamber, in which we remain as long as we do not think - We remain there a long while, and notwithstanding the doors of the second Chamber remain wide open, showing a bright appearance, we care not to hasten to it; but are at length imperceptibly impelled by awakening of the thinking principle - within us - we no sooner get into the second Chamber, which I shall call the Chamber of Maiden-Thought, than we become intoxicated with the light and the atmosphere, we see nothing but pleasant wonders, and think of delaying there for ever in delight. »
(John Keats, 3 maggio 1818)
« Io paragono la vita umana ad un vasto palazzo dalle molte stanze, delle quali solamente due posso descrivere, rimanendo le porte delle altre a me chiuse - La prima di cui varchiamo la soglia la chiamiamo la camera dei bambini, o la camera senza pensieri, in cui noi rimaniamo fino a che non pensiamo - Ci rimaniamo un lungo tratto, e nonostante la porta della seconda camera rimanga aperta mostrando un aspetto luminoso, non ci interessa affrettarci verso di essa; ma vi siamo impercettibilmente spinti una buona volta dal risvegliarsi del principio di pensiero - dentro di noi. Non appena entriamo nella seconda stanza, che chiamerò la stanza dei pensieri vergini, siamo pervasi dalla luce e dall'atmosfera, non vediamo nient'altro che piacevoli meraviglie, e pensiamo di attardarci lì per sempre estasiati. »
3 Comments:
Molto interessante. Ma un tale concetto, per la definizione in esso contenuta, non potrebbe essere espresso da chi non ha osservato la seconda stanza da una prospettiva 'successiva', cioè avendo varcato almeno una terza porta. Eppure il grande Keats sostiene di essersi fermato nella seconda camera.
Se da un lato ciò spiegherebbe molti aspetti di una personalità poetica, dall'altro apparirebbe un pò forzato e narcisistico. (Il chè, dopotutto, idem attiene ad una personalità poetica).
Questo tipo di valutazioni (non a caso provenienti da un inglese, cioè della moderna civiltà marinaria per antonomasia) mi sembra sincretico di quello che - se ricordi - ho una volta chiamato (a proposito della SOGLIA)l'approccio del contadino (limes come determinazione/affermazione della potestà sul territorio) e quello del marinaio (cos'è il limes? boh: quello che esiste è una specie di a-peiron, in cui inoltrarsi). Quindi una specie di conflitto dialettico tra il godersi l'attuale, e la spinta (possibile, ma che solo pochi sentono al punto di muoversi) verso "altro". Massimo eterno esponente (e mio particolare mito): Odisseo/Ulisse
Nessuno si è mai accorto di essere morto né di essere ‘uscito dall’ultima stanza’: solo quelli che sono rimasti comprendono che non possono più avvalersi di chi non c’è: ma lui, il morto, non percepisce di non esserci più fisicamente e continua normalmente la propria vita seppure nella nuova dimensione di concorde presenza fra i tanti che ha lasciato. Non ci sono ultime soglie ma un continuo varcarle con sempre nuovo sentimento di curiosità, sicurezza, tremore e voglia di inaspettato.
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