“Stretta la porta e angusto è il cammino che conduce alla Vita, e pochi lo trovano”
L’universo linguistico che ruota attorno alla parola “porta” è direttamente proporzionale alla sua importanza simbolica. Tutte le metafore che utilizzano il sema “porta” sottendono il “cambiamento di stato” che è in definitiva la ragione della porta. La stessa rivelazione del sacro avviene attraverso un varco che si apre nel mondo del non essere, una frattura attraverso la quale l’ordine, contrario del caos, penetra lo spazio trasformandolo in ordine, mondo.
Così come il significante “porta”, nel suo senso astratto, è utilizzato per denominare tipi di varco che vanno ben oltre l’accezione architettonica, allo stesso modo la rappresentazione dell’apertura e la sua considerazione come luogo del cambiamento di stato conducono il simbolo “porta” a rappresentare molto di più del passaggio materiale e divenire di conseguenza anche emblema della nuova nascita, dell’iniziazione, dell’evoluzione fisica, psichica e spirituale, della conoscenza assoluta, dell’estasi mistica, della realizzazione della pienezza dell’esistenza umana.
L’immagine della porta, che nella complessità dei suoi significati simbolici è divenuta, addirittura, luogo del mutamento ontologico, si densifica di nuovi attributi quali ad esempio quelli che coniugano l’idea di passaggio con quella di difficoltà.
La porta si stringe e si abbassa a simboleggiare proprio questa difficoltà e, insieme all’immagine del ponte, trova posto nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie. La porta bassa del tempio massonico costringe il profano a piegarsi non perché si senta umiliato, ma come monito della difficoltà del passaggio dal mondo profano a quello sacro. Nella mitologia iraniana Il ponte Cinvat sotto al quale si apre l’abisso dell’inferno, è largo quanto nove lance al passaggio dei giusti, ma si restringe fino a diventare stretto come la lama di un rasoio per gli empi. Lo stesso ponte compare davanti ai mistici durante il viaggio estatico verso il cielo. (Dinkart, IX, xx,3; Videvdat, III,7). Una simile immagine compare nella letteratura mistica araba dove un ponte più stretto di un capello collega la Terra al Paradiso. Leggende medievali parlano di un ponte nascosto nell’acqua, e Lancillotto è costretto ad attraversare un “ponte sciabola” sul quale deve passare a mani e piedi nudi. Sono solo alcuni esempi di come la simbologia legata al passaggio, sia esso iniziatico o funerario, utilizzi topoi del quotidiano e di come essi acquisiscano valenza sacrale conferendo poi, di rimando, sacralità anche alle apparentemente comuni attività del quotidiano.
Così come il significante “porta”, nel suo senso astratto, è utilizzato per denominare tipi di varco che vanno ben oltre l’accezione architettonica, allo stesso modo la rappresentazione dell’apertura e la sua considerazione come luogo del cambiamento di stato conducono il simbolo “porta” a rappresentare molto di più del passaggio materiale e divenire di conseguenza anche emblema della nuova nascita, dell’iniziazione, dell’evoluzione fisica, psichica e spirituale, della conoscenza assoluta, dell’estasi mistica, della realizzazione della pienezza dell’esistenza umana.
L’immagine della porta, che nella complessità dei suoi significati simbolici è divenuta, addirittura, luogo del mutamento ontologico, si densifica di nuovi attributi quali ad esempio quelli che coniugano l’idea di passaggio con quella di difficoltà.
La porta si stringe e si abbassa a simboleggiare proprio questa difficoltà e, insieme all’immagine del ponte, trova posto nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie. La porta bassa del tempio massonico costringe il profano a piegarsi non perché si senta umiliato, ma come monito della difficoltà del passaggio dal mondo profano a quello sacro. Nella mitologia iraniana Il ponte Cinvat sotto al quale si apre l’abisso dell’inferno, è largo quanto nove lance al passaggio dei giusti, ma si restringe fino a diventare stretto come la lama di un rasoio per gli empi. Lo stesso ponte compare davanti ai mistici durante il viaggio estatico verso il cielo. (Dinkart, IX, xx,3; Videvdat, III,7). Una simile immagine compare nella letteratura mistica araba dove un ponte più stretto di un capello collega la Terra al Paradiso. Leggende medievali parlano di un ponte nascosto nell’acqua, e Lancillotto è costretto ad attraversare un “ponte sciabola” sul quale deve passare a mani e piedi nudi. Sono solo alcuni esempi di come la simbologia legata al passaggio, sia esso iniziatico o funerario, utilizzi topoi del quotidiano e di come essi acquisiscano valenza sacrale conferendo poi, di rimando, sacralità anche alle apparentemente comuni attività del quotidiano.
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