21 ottobre 2008

Guardiani della soglia: grado zero.


L’incisione su una pietra trovata all’entrata di una grotta nel sito di Les Eyzies de Tayac in Francia, rappresenta il “grado zero” dei guardiani della soglia incontrati nel mio lungo soffermarmi sui luoghi del passaggio: è forse l’esemplare più antico di immagine antropomorfa - accompagnata da un elemento simbolico - posta vicino ad un varco. La figura, femminile, chiamata dai suoi ritrovatori “Venere di Laussel” ha infatti una età davvero venerabile: risale al paleolitico -12.000 anni avanti Cristo. La “signora” tiene nella mano destra un corno di bisonte inciso con tacche, una probabile rappresentazione della luna crescente e rivolge il capo in alto forse verso la luna, come a voler controllare la coincidenza tra i segni incisi sul corno, le fasi lunari, e quelle del ciclo femminile, alludendo, con la mano sinistra sul ventre, ad una possibile gravidanza, che giustificherebbe l’enfasi data alla figura dall’uso dell’ocra rossa di cui è ricoperta. La simbologia del corno è tradizionalmente legata alla fertilità e al buon auspicio, ma in questo caso la volontà di rappresentazione va oltre il semplice intento propiziatorio ed invita ad una riflessione più profonda ed articolata. Se le 30 tacche fossero una sorta di calendario lunare la Venere di Laussel avrebbe una funzione strumentale specifica: posta all’ingresso della grotta potrebbe indicare un luogo di isolamento per donne in condizione di “tabù” nei confronti della loro comunità: puerpere, incinte, o durante il ciclo mensile, secondo l’uso rituale, non solo antico ed esotico, ma presente anche in tempi e luoghi più vicini di quanto si possa immaginare, di confinare in un periodo/spazio di margine, donne e neonati, nella loro temporanea condizione di diversità/pericolosità fisiologico-sociale. 

Bibliografia:
L. Filingeri, La più antica rappresentazione della Luna, in www.paleolithicartmagazine.org 
AAVV, L’Art des cavernes. Atlas des grottes ornees paleolitithiques francaises (Atlas archelogique de la France) Paris, 1984
A. Leroi-Gourhan, Dizionario di Preistoria II, To 1992
A. Van Gennep, I riti di passaggio, Universale Bollati Boringhieri, 2005

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14 ottobre 2008

Le Tribu Aziendali


Indosso il mio copricapo da esploratrice, la sahariana, gli scarponcini tattici. Prendo lo zaino con dentro, oltre i consueti opportuni ricambi, il mio notes, la macchina fotografica/videocamera/registratore con una buona scorta di batterie. Pomata per gli insetti, antistaminico, pastiglie per purificare l’acqua etc. Trousse per il trucco. Forse esagero, ma stavolta mi devo addentrare nella intricata jungla delle organizzazioni, dove vivono una notevole quantità di tribù, disparate ed interessanti. Quasi sconosciute. Ancora una volta vado alla scoperta di nuove culture ‘altre’. Culture e subculture, nicchie che nascono, vivono ed a volte si estinguono proprio sotto i nostri occhi, spesso dentro costruzioni che sembrano termitai di acciaio, cemento e vetro.

Ormai è assodato, gli elementi paradigmatici sono gli stessi: tardizioni, riti, miti, strutture, funzioni intercoerenti. E le categorie sono le medesime: rapporti di potere, parentela, divisione dei compiti; riti di iniziazione e di passaggio; sistemi di conoscenze, leggi e norme. Linguaggi differenti, a seconda dei luoghi, storie; sistemi di economia endogena, attività di scambio, baratto, commercio con altre tribù aziendali o popolazioni del mondo ‘esterno’. Valori. Ideali. Religioni. Spesso diversissimi. Sistemi di valori quasi sempre instaurati da un fondatore e perpetrati dai suoi eredi o successori solennemente investiti. Vision e Mission.

Le categorie dell’antropologia si ripropongono perfettamente nella loro struttura/funzione, e nei modi. L’ingresso al recinto: il guardiano della soglia (l’addetto alla sicurezza). Il rito quotidiano per l’inizio o della fine delle attività (il ‘bip’ dei tesserini magnetici). Danze e formule rituali (le procedure di lavoro, i linguaggi – semantica e sintassi codificate). I riti ludico-sociali (la macchinetta del caffè/ il bar aziendale, il CRAL). I riti lustrali e di iniziazione (i nuovi assunti, l’addestramento con i saggi membri anziani, le prove di abilità). I riti di passaggio (promozione, pensionamento, nuove tecnologie) con annesse precise cerimonie. I culti ed i testi sacri (il bilancio, la conferenza del Presidente, il ‘regolamento organico’, il manuale della procedura, la circolare). Le figure topiche ed i ruoli specializzati: il capo (il direttore, l’amministratore delegato) e la sua corte, lo sciamano (l’informatico) ed i suoi adepti, il cacciatore (l’addetto alle vendite), il conservatore (l’esperto di normativa e di archivio). I saggi custodi di storie e memorie, spesso tramandate solo oralmente. I racconti storico-mitologici (il fondatore, le battaglie) ed i loro eroi (‘…una volta…quando c’era il rag. Rossi…e non c’erano i computer...”). Le tradizioni (gli auguri e l’agendina a Natale). Ma anche i costumi, le mode, i manufatti, il layout degli ambienti (porte chiuse, open space) la contaminazione da culture di altre tribù limitrofe. Nuove etnie concettuali. Universi in movimento. E tutti quanti, per la legge della natura, più cercano di rimanere stabili e più cambiano e si evolvono.

Forse qualcuno non ci crederà, ma questa prospettiva può essere utilizzata per analizzare le organizzazioni e le imprese e proporre interventi di adattamento miglioramento o eventuali soluzioni in contesti problematici, affiancando al lavoro dei soliti consulenti aziendali (organizzativi, finanziari ecc.) anche quello dell’antropologo. Sono qui, fatemi sapere.

Per chi vuole, intanto, una bibliografia essenziale.


M. Santoro, L’antropologo in azienda, FOR 33, Franco Angeli, 1997

P. Gagliardi, Le imprese come culture, ISEDI, Milano, 1995

C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1987

A. Bruni, Lo studio etnografico delle organizzazioni, Carocci, Roma 2003

G. Morgan, Images. Le metafore dell’organizzazione, F. Angeli, Milano

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08 ottobre 2008

Sacra itinera -3


La terra e a lei concorde il mare
e sopra ovunque un mare più giocondo
per la veloce fiamma dei passeri
e la via
della riposante luna e del sonno
dei dolci corpi socchiusi alla vita
e alla morte su un campo;
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
sopra le isole originali cantando:
qui si prepara
un giaciglio di porpora e un canto che culla
per chi non ha potuto dormire
sì dura era la pietra,
sì acuminato l'amore.

(Natura, Mario Luzi)

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