Guardiani della soglia: grado zero.
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Diario di una Ricerca Antropoarcheologica sul Simbolismo della Porta
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Indosso il mio copricapo da esploratrice, la sahariana, gli scarponcini tattici. Prendo lo zaino con dentro, oltre i consueti opportuni ricambi, il mio notes, la macchina fotografica/videocamera/registratore con una buona scorta di batterie. Pomata per gli insetti, antistaminico, pastiglie per purificare l’acqua etc. Trousse per il trucco. Forse esagero, ma stavolta mi devo addentrare nella intricata jungla delle organizzazioni, dove vivono una notevole quantità di tribù, disparate ed interessanti. Quasi sconosciute. Ancora una volta vado alla scoperta di nuove culture ‘altre’. Culture e subculture, nicchie che nascono, vivono ed a volte si estinguono proprio sotto i nostri occhi, spesso dentro costruzioni che sembrano termitai di acciaio, cemento e vetro.
Ormai è assodato, gli elementi paradigmatici sono gli stessi: tardizioni, riti, miti, strutture, funzioni intercoerenti. E le categorie sono le medesime: rapporti di potere, parentela, divisione dei compiti; riti di iniziazione e di passaggio; sistemi di conoscenze, leggi e norme. Linguaggi differenti, a seconda dei luoghi, storie; sistemi di economia endogena, attività di scambio, baratto, commercio con altre tribù aziendali o popolazioni del mondo ‘esterno’. Valori. Ideali. Religioni. Spesso diversissimi. Sistemi di valori quasi sempre instaurati da un fondatore e perpetrati dai suoi eredi o successori solennemente investiti. Vision e Mission.
Le categorie dell’antropologia si ripropongono perfettamente nella loro struttura/funzione, e nei modi. L’ingresso al recinto: il guardiano della soglia (l’addetto alla sicurezza). Il rito quotidiano per l’inizio o della fine delle attività (il ‘bip’ dei tesserini magnetici). Danze e formule rituali (le procedure di lavoro, i linguaggi – semantica e sintassi codificate). I riti ludico-sociali (la macchinetta del caffè/ il bar aziendale, il CRAL). I riti lustrali e di iniziazione (i nuovi assunti, l’addestramento con i saggi membri anziani, le prove di abilità). I riti di passaggio (promozione, pensionamento, nuove tecnologie) con annesse precise cerimonie. I culti ed i testi sacri (il bilancio, la conferenza del Presidente, il ‘regolamento organico’, il manuale della procedura, la circolare). Le figure topiche ed i ruoli specializzati: il capo (il direttore, l’amministratore delegato) e la sua corte, lo sciamano (l’informatico) ed i suoi adepti, il cacciatore (l’addetto alle vendite), il conservatore (l’esperto di normativa e di archivio). I saggi custodi di storie e memorie, spesso tramandate solo oralmente. I racconti storico-mitologici (il fondatore, le battaglie) ed i loro eroi (‘…una volta…quando c’era il rag. Rossi…e non c’erano i computer...”). Le tradizioni (gli auguri e l’agendina a Natale). Ma anche i costumi, le mode, i manufatti, il layout degli ambienti (porte chiuse, open space) la contaminazione da culture di altre tribù limitrofe. Nuove etnie concettuali. Universi in movimento. E tutti quanti, per la legge della natura, più cercano di rimanere stabili e più cambiano e si evolvono.
Forse qualcuno non ci crederà, ma questa prospettiva può essere utilizzata per analizzare le organizzazioni e le imprese e proporre interventi di adattamento miglioramento o eventuali soluzioni in contesti problematici, affiancando al lavoro dei soliti consulenti aziendali (organizzativi, finanziari ecc.) anche quello dell’antropologo. Sono qui, fatemi sapere.
Per chi vuole, intanto, una bibliografia essenziale.
M. Santoro, L’antropologo in azienda, FOR 33, Franco Angeli, 1997
P. Gagliardi, Le imprese come culture, ISEDI, Milano, 1995
C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1987
A. Bruni, Lo studio etnografico delle organizzazioni, Carocci, Roma 2003
G. Morgan, Images. Le metafore dell’organizzazione, F. Angeli, Milano
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