08 marzo 2007

La civettina

“La civettina che quella notte emise il suo grido d’amore non poteva sapere che il grido irresistibile con cui diceva a tutto il creato “Son qui! Son qui!” suonava sinistro all’orecchio del contadino che dormiva nella capanna lì sotto, a poca distanza dall’albero su cui si era appollaiata. La grandine caduta in abbondanza il giorno prima aveva distrutto gran parte delle viti in germoglio, il tempo non prometteva nulla di buono, era sempre incerto e ora quel grido chiamava altri disastri. Il contadino si affacciò alla finestra, vide la gran massa scura dell’albero di noce che si stagliava davanti alla casa, come se non fosse già abbastanza grama la vita che faceva, come se non fosse stata già abbastanza feroce la grandine del giorno prima. L’usanza antica di fermare il malocchio il contadino la conosceva, e dalla notte dei tempi gli arrivò il comando che lui puntualmente eseguì. Prese il fucile a pallini appeso al muro, e così come si trovava, in mutande, scese a piedi nudi e senza far rumore sul prato, e si nascose dietro la siepe dove più fitta era la tenebra. Nel silenzio della notte stette con l’orecchio teso, puntato come quello di un animale del bosco, per individuare il punto esatto da cui proveniva il grido della civetta. E lei di nuovo ripeté all’universo gremito di stelle il richiamo d’amore che non poteva trattenere “Son qui! Son qui!”… Ah, sei lì? Uno sparo lampeggiò nel buio e la civettina cadde ferita a un’ala.
Per un contadino che obbedisce a un richiamo ancestrale, per un misero contadino abituato a fronteggiare le brutali forze del male e i suoi oscuri messaggi con le sole armi che la barbara scienza degli avi gli ha fornito, non è crudeltà ma è solo un rito scaramantico inchiodare viva una civetta sulla porta di casa. E dunque senza esitare, tranquillamente batté e ribatté i chiodi che la fissarono ad ali aperte sul legno. La civettina nello spasimo piegò il capo da un lato, gridò e si dibatté tremando in ogni penna per l’atroce dolore che l’attraversava, finché le spesse palpebre così simili a quelle umane calarono sui grandi occhi lucenti che si spegnevano lentamente nell’agonia. Il contadino guardò soddisfatto l’opera compiuta, e rassicurato se ne tornò a dormire nel suo letto. Ora la grandine avrebbe risparmiato il suo campo, e la civetta che prima col suo grido lo minacciava, si sarebbe man mano essiccata sulla porta di casa e lo avrebbe protetto dai mali del mondo.” (La civettina, in Opere di Raffaele La Capria , Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2003)