Il gatto di Schrödinger
Nelle scienze MFN molti sono gli utilizzi del concetto di soglia. Uno dei più interessanti lo si scorge nell’ipotesi del gatto di Schrödinger. Si tratta sostanzialmente, detto in termini epistemici, di un paradosso utilizzato per dimostrare i limiti umani nella capacità di descrizione del mondo. Ovvero l’assenza di limiti.
La probabilità di vita del povero gatto è legata alla probabilità di decadimento dell’isotopo. Ciò è dovuto, tralaltro, al fatto che in fisica quantistica le particelle subatomiche possono darsi collocate contemporaneamente in più luoghi. Tra i vari motivi c'è il piccolo problema per cui non è possibile stabilirne allo stesso tempo la posizione e la velocità. E, se il luogo è topos, e se il topos è il momento di congiunzione dello spazio con il tempo tra loro interdipendenti – essendo, fin dal livello microscopico, destrutturato/delocalizzato lo spazio, allora è destrutturato/delocalizzato anche il tempo.
In effetti, sul fronte del continuum, potrebbero contemporaneamente esistere istanti differenti in cui la particella decade, ed il gatto è morto, o la particella non decade, ed il gatto è vivo. Per noi che osserviamo l’esperimento congelato nel momento della attuale dimensione, questi istanti coesistono. Solo aprendo la scatola, cioè restando fuori dal continuum, potremmo saperlo. E tuttavia, se fosse per Everett, potremmo constatare che l’evento considerato accade solo nel tempo Tqx e non in Tq1, Tq2 ecc… afferenti i diversi contemporanei e paralleli stati della materia/universo.
Ci piacciono molto i gatti, pertanto vogliamo continuare a pensare che la nostra piccola cavia sia viva. Ma per far ciò non dobbiamo valicare la soglia del pre-istante in cui l’osservazione singola è possibile poiché l’istante successivo sarebbe già possibilità di altro.
Il fattore di probabilità che il gatto sia vivo o morto, dunque, è perfettamente residente sul margine del tempo. Il gatto di Schrödinger vive sulla soglia. Esattamente come tutti noi.
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