La porta è in crisi?
Affrontare il problema della porta significa anzitutto comprendere che la porta è inserita in un sistema vivo composto da tutto ciò che la circonda, che la sormonta, che le fa da base. Basti pensare ai complessi studi architettonici di Vitruvio o di Palladio e all’enfasi che pongono su cosa è bene che sia intorno alla porta. La porta pensata da sola rischia di perdere il suo significato, e d'altronde la porta da sola è inconcepibile: l’arco di trionfo o il portico isolato del cerimoniale scintoista, i portici di alcune popolazioni centro africane o il tigillo romano non sono porte isolate: questi tipi di varchi sono inseriti in un sistema invisibile, non per questo non esistente, e comunque vincolante e limitativo che è quello formato dalla complessità dei simboli relativi al passaggio spirituale che esse rappresentano. La porta è in rapporto alle azioni di separare e di unire, di distaccare e di collegare, la porta è la sintesi di due azioni contrapposte che ci appaiono come una sola azione. Gorge Simmel diceva " La parete è muta ma la porta parla", la porta infatti è responsabile dello spazio a cui può concedere o negare la comunicazione la porta infonde all’uomo un indicibile senso di libertà, ma anche un indescrivibile senso di costrizione e questo in dipendenza del suo essere aperta o chiusa del suo concedere o negare. Oggetto di speculazioni filosofiche e soggetto di riferimenti letterari in ogni tempo, la porta rappresenta nello stesso tempo la possibilità e l’impossibilità e il più significativo dei simboli che la rappresenta pur non essendo porta in senso tradizionale è la Sfinge: la porta che pone domande.
La porta è in crisi? la sacralità del passaggio si sta riducendo a vuota superstizione? Il rituale rischia di divenire un simbolo di dubbie cerimonie di iniziazione a completo appannaggio di gruppi di individui border- line? Gli elementi del varco sono solo folklore esoterico? tutte le azioni svolte in prossimità delle porte sono ormai vuote di significato?"Le porte appartengono al passato"? Come pensava Robert Musil?
Forse è vero, le porte appartengono al passato, ma l’indicibile nostalgia per i "bei giorni delle porte" conferma che queste, come molta parte del passato, dimostrano di essere vive e significanti anche se sono invisibili o nascoste, e che la nostalgia di poterle varcare, con l’ansia di trovarle chiuse, impone di penetrare nel "Gran tempo", entrare in una diversa dimensione temporale che è quella del non tempo, delle immagini, delle fantasticherie, del mito e dei sogni, nell’ enorme contenitore dei simboli e degli archetipi che vivono dei nostri interrogativi, che continuano ad essere vitali anche soltanto per le domande che ci poniamo sulla loro vitalità.