30 ottobre 2009

Il punto zero delle porte


“Le porte appartengono al passato, benché nei concorsi di architettura ci devono essere ancora le porte di servizio.”
(Robert Musil, Porte e portoni, da Pagine postume pubblicate in vita, Einaudi 2004)
A dirlo era Robert Musil, nel1936.
Sicuramente non c’erano ancora i citofoni, tanto meno i videocitofoni, e probabilmente non c’erano ancora gli spioncini a lenti a consentire di vedere, non visti, la dimensione altra.
L’apertura delle porte con riconoscimento dell’impronta digitale non era riuscita a materializzarsi nemmeno nei sogni dei più fantasiosi individui dell’epoca… Musil non parlava della porta tagliafuoco, o della porta allarmata (orrendo neologismo), neppure di quella corrazzata … ma di una porta che “consiste in una cornice rettangolare di legno infissa nel muro alla quale è applicato un battente girevole”.
Ai nostri giorni quasi un oggetto d’antiquariato.
Battenti fatti “di noce o di quercia, come usava ancora poco tempo fa nelle case per bene” che, forse a causa di un karma negativo, degradano dalla loro funzione originaria di difendere e rappresentare la sacralità dello spazio domestico a quella di sportelli da dispensa dentro cucine trendy fotografate nei giornali di arredamento.
Di oggetti che perdono la loro funzione per assumerne un’altra, uscendo dalla quotidianità, dalle soffitte e poi, molto velocemente, anche dalla memoria ce ne sono una infinità…
Interessantissimo, a questo proposito, il progetto dell’IMC, istituto dei Musei Comunali di Sant’Arcangelo, Oggetti obsoleti del contemporaneo”, che raccoglie la memoria di oggetti che stanno per arrivare al loro “punto zero”, ancora presenti nel nostro quotidiano ma ormai non più utilizzati nella loro funzione originaria , “prendono vie diverse: dai musei ai collezionisti, sepolti in cantina o definitivamente dissolti nel tempo e solo ricordati”…