30 settembre 2007

...e ancora labirinti


La cultura occidentale ha conservato il significato magico-sacrale del labirinto -uno dei segreti attribuiti a Salomone- attraverso la tradizione cabalistica e alchemica e nelle dottrine ascetico-mistiche, dove percorrere il labirinto equivale a concentrarsi su se stessi e attraverso i mille cammini delle sensazioni raggiungere la luce senza smarrirsi nei giri del labirinto. In questo senso il labirinto è simile al mandala, che presenta spesso un aspetto labirintico, soprattutto nella interpretazione che ne da C. G. Jung come “rappresentazione simbolica della psiche, la cui essenza ci è sconosciuta”, ma la cui contemplazione ispira serenità e avvicina al raggiungimento del senso e dell’ordine della vita.
Significativi sono i labirinti che si trovano immediatamente dopo l’ingresso presso i portali occidentali delle chiese medievali e che raffigurano tracciati penitenziali simbolici, ma anche praticamente percorribili: essi rievocano la funzione iniziatica del labirinto pagano come nel caso del labirinto pavimentale presso il portale occidentale della Cattedrale di Ely. Il percorso attraverso le circonvoluzioni purifica e prepara all’entrata definitiva nell’edificio sacro, mentre l’uscita dal labirinto è intesa come il momento di redenzione che identifica la via da seguire con il Cristo la cui morte e resurrezione conducono alla salvezza.
Sui labirinti delle Cattedrali di Auxerre e di Sens, il vescovo o il decano e il Capitolo eseguivano particolari cerimonie durante la celebrazione della Pasqua, o veri e propri giochi e danze durante l’ufficio festivo settimanale. Nel labirinto in bassorilievo che si trova su una pietra murata nell’esonartece occidentale del Duomo di San Martino a Lucca all’aspetto simbolico si aggiunge un’esperienza tattile: su di esso gli abitanti della città si divertivano a muovere le dita seguendo lo svolgersi delle linee dall’esterno verso il centro, usanza che si è ripetuta negli anni fino quasi a cancellare la raffigurazione.

28 settembre 2007

Labirinti


Presente tra i più antichi simboli apotropaici, il labirinto è, tra l’altro, destinato ad arrestare e disorientare l’intruso che non potrà proseguire finché non avrà trovato la via che ne raggiunge il centro. E’ lo scopo dei labirinti disegnati sulle porte delle case indiane per impedire l’accesso agli spiriti. Interessante è la notazione riportata da Hermann Kern (Labirinti, Feltrinelli, Milano, 1981) sulle modalità di esecuzione e sui significati magici di queste rappresentazioni:
“…disegni come questo vengono tracciati talvolta sulla soglia di casa e quindi all’esterno della casa stessa, sulla via soprattutto nell’India sudorientale, nella regione del Tamil. Essi vengono eseguiti solo da donne indù, prima del levar del sole; e solo nel margalì , il mese infausto dei Tamil (dalla metà di dicembre alla metà di gennaio), ossia quando si suppone – dopo il solstizio invernale – che il sole debba morire… Per l’esecuzione del disegno viene scelta una superficie – di un metro quadrato circa – che viene lavata con acqua, e spruzzata ancora umida con polvere bianca (gesso, calce, farina) dalla donna di casa, che disegna in tal modo una linea dal tracciato labirintico. Questa operazione viene ripetuta nel mese di margalì ogni mattina prima del levar del sole; non si pone alcuna cura nel tentare di conservare il disegno, che va ben presto distrutto; ciò dimostra che la sua efficacia non si esplica al livello ottico; in realtà si tratta di una magia apotropaica, come risulta dalla localizzazione temporale e spaziale del disegno, così come dal tracciato stesso”.

26 settembre 2007

Simboli della protezione

Le testimonianze materiali che confermano la soglia come sede di presenze divine con funzione apotropaico-tutelare sono molto numerose. Il repertorio iconografico dei “guardiani della soglia” è molto vario e fa riferimento a diverse tipologie sia per quanto riguarda le porte stesse sia per ciò che concerne gli spazi di cui tali porte regolavano l’accesso.
La soglia delle urnette a capanna di età villanoviana è tutelata a volte da grafismi simbolici di valore apotropaico, altre da figurine umane: le abitazioni, che esse rappresentano in miniatura, hanno pareti in argilla ed elementi vegetali tenuti insieme da un telaio di paletti lignei, tetti di saggina disposti su un sostegno di travi, pianta circolare o ellissoidale o rettangolare con angoli stondati, l’entrata è spesso coperta da un piccolo protiro.
Una ricca decorazione geometrica a meandri e labirinti molto spesso decora le parti destinate alle aperture (ingressi, tetto) e, sebbene si ispiri alla tradizionale decorazione geometrica fittile coeva, tuttavia non si può escludere il suo valore simbolico, tanto più che spesso compaiono anche due figurine umane affiancate a rappresentare la coppia coniugale, divina o umana, che “tutela” la capanna.
La rappresentazione del labirinto compare frequentemente in corrispondenza delle porte e questo in diversissimi contesti culturali, ambientali e in un arco cronologico molto vasto con un significato metaforico legato alla difficoltà del passaggio e alle sue implicazioni sacrali e iniziatiche. Il labirinto è una delle rappresentazioni più emblematiche della difficoltà del passaggio: il completamento del percorso che si dipana lungo molte circonvoluzioni dove la percezione dello spazio è resa enormemente complessa dal muro che lo isola dall’esterno, dall’impossibilità di orientarsi, e il finale raggiungimento dell’unica via d’uscita richiedono un alto grado di concentrazione, di pazienza, di determinazione, il cui possesso è indice della raggiunta maturità, conoscenza, e forza fisica. “…l’eroe ( o più spesso l’anima del defunto in viaggio verso l’Oltretomba) – dice J. Rykwert- per superare il mostro deve trovare la via attraverso un labirinto o dimostrare di saper tracciare un disegno labirintico…”

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24 settembre 2007

Spade, guerrieri, etc.


Il guerriero della luce contempla le due colonne che fiancheggiano la porta che intende aprire. Una si chiama “Paura”, l’altra “Desiderio”.
Il guerriero guarda la colonna della Paura, sulla quale è scritto : “Entrerai in un mondo sconosciuto e pericoloso, dove tutto ciò che hai appreso fino ad ora non servirà a niente.
Poi osserva la colonna del Desiderio sulla quale legge: “Uscirai da un mondo conosciuto dove sono custodite le cose che hai sempre voluto, e per le quali hai lottato duramente.
Il guerriero sorride perché non esiste niente che lo spaventi né che lo leghi.
Con la sicurezza di chi sa ciò che vuole,apre la porta.
P.Coelho Manuale del guerriero della luce

19 settembre 2007

Dino Campana


...E me ne andavo errando senz’amore

Lasciando il cuore mio di porta in porta:

Con Lei che non è nata eppure è morta

E mi ha lasciato il cuore senz’amore:

Eppure il cuore porta nel dolore:

Lasciando il cuore mio di porta in porta.

(Sera di fiera - Canti orfici, 1914)

03 settembre 2007

Drastici rimedi omeopatici

I riti basati sul sezionamento della vittima sacrificale in due metà e sulla deambulazione omeopatica attraverso di esse, diffusi in tutte le latitudini ed in tutti i tempi e spesso in connessione con ambiti spaziali fortemente caratterizzanti quali sono i ponti, le soglie e le porte, possono essere interpretati anche come di riti di purificazione e di alleanza e, cosa normalissima nelle complessità concettuale della mentalità arcaica, non va mai trascurata la possibilità che diversi significati si sovrappongano creando complesse architetture simboliche. E’ a questa tipologia di riti destinati a propiziare l’aggregazione e la riaggregazione di gruppi sociali che può essere ascritto il sacrificio del cavallo che si svolgeva a Roma durante la festa dell’October Equus: l’antica ostilità tra le due comunità dei sacravienses e dei suburani, una volta appartenenti a villaggi diversi, veniva ogni anno commemorata ed esorcizzata attraverso la contesa delle parti dell’animale, mentre la loro ricongiunzione presso la Regia costituiva il rimedio omeopatico che sanciva e rinsaldava la coesione sociale. Ad un drastico rimedio omeopatico ricorse anche Giulio Cesare nel 46 a. C. quando si trovò ad affrontare un inaspettato ammutinamento delle truppe acquartierate nella stessa Roma, racconta Dione Cassio che, dopo aver fatto giustiziare uno dei ribelli: “altri due uomini furono sgozzati secondo un particolare rituale religioso. Non sono in grado di fornire i motivi di questa procedura, non prescritta né dai Libri Sibillini, né da nessun oracolo di questo tipo. È sicuro però che furono sacrificati nel Campo Marzio dai pontefici e dal sacerdote di Marte e che le loro teste furono portate e messe nella Regia”. Non si hanno elementi maggiori per poter affermare che all’uccisione seguì una cerimonia di deambulazione tra le teste degli uomini sacrificati, ma il fatto che teatro del sacrificio siano stati la Regia e il Campo Marzio, gli stessi luoghi dell’October Equus, può far supporre un rituale simile: il pericolo di una scissione aveva costretto la comunità a ricorrere al sacrificio umano e all’atto simbolico di salvaguardare la coesione interna attraverso il rituale del passaggio attraverso un corpo tagliato.