22 febbraio 2007

Un passaggio adimensionale tra Roma e Oriente - Parte seconda

I riti shintoisti e taoisti sono un esempio di come la struttura del portico, che non è poi altro che un telaio di legno, agisca direttamente rappresentando da sola sia il simbolo del passaggio che l’autorizzazione stessa ad effettuarlo. La cerimonia taoista del passaggio della porta, descritta da A. Van Gennep offre ai nostri occhi moderni disabituati alla visione simbolica, la possibilità di "vedere" un rito basato su un universo di simboli ricchissimo e molto vicino a quello degli uomini e delle donne che per secoli sono passati sotto il Tigillo Sororio: "Al mattino si fanno venire parecchi sacerdoti taoisti che costruiscono un altare sovrapponendo molte assi sulle quali collocano dei piatti con svariate pietanze, candelabri, immagini di divinità…con musiche ed invocazioni adeguate i sacerdoti invitano le divinità a gustare le offerte, soprattutto l’invito è rivolto alla "Madre " e alle dee protettrici dei bambini….al cadere della notte si costruisce la porta al centro della stanza. Essa è fatta di canne di bambù ricoperte di fogli di carta rossa e bianca….uno dei sacerdoti tiene in mano una piccola campana o una spada ornata di campanelle, mentre nell’altra tiene un corno; intanto recita incantesimi. Egli personifica la "Madre" mentre sta scacciando dai bambini le influenze dannose. Il capofamiglia riunisce tutti i bambini, prende in braccio quello che non sa ancora camminare o che è ammalato….e si munisce di un cero acceso. Il sacerdote, soffiando nel corno, varca lentamente la porta, seguito dal padre e dai bambini, l’uno dietro l’altro. Gli altri sacerdoti suonano il tamburo sacro. Il sacerdote che guida la processione brandisce la spada o una frusta e fa finta di percuotere qualcosa che è invisibile….si distrugge in seguito la porta e se ne bruciano i frammenti….ad ogni esecuzione di questa cerimonia si fabbrica una statuetta di legno che rappresenta i bambini per cui ha avuto luogo la cerimonia….viene conservata fino all’età di sedici anni…di fianco alla rappresentazione della "Madre"…se poi il ragazzo muore la statuetta viene seppellita con lui….se si ammala gravemente la statuetta viene fatta passare attraverso la porta."

21 febbraio 2007

Un passaggio adimensionale tra Roma e Oriente - Parte prima

A Roma due divinità avevano il loro luogo di culto ai lati di una porta: Ianus Curiatius e Iuno Sororia. Si tratta di due divinità legate agli inizi e ai passaggi. Ianus Curiatius, il dio che apre l’ingresso alle curie, e riammette nella cittadinanza i guerrieri di ritorno dalle imprese belliche, e Iuno Sororia, divinità femminile legata a culti di passaggio puberale, il cui abbinamento amplia il significato della porta come luogo di culti legati non solo a riti di purificazione, ma anche alle iniziazioni maschili e femminili: i loro altari si trovavano ai lati del Tigillum, una sorta di portale isolato costituito da una trave di legno disposta su due sostegni. La forma del portale isolato, che è ancora oggi in uso in alcune tribù africane, trova le sue origini nel portale isolato diffuso in estremo oriente che, diventato monumento indipendente, aveva valenza di strumento cerimoniale di per sé. I torii, cioè i portali isolati diffusi nell’estremo oriente trovano la loro giustificazione nel fatto che nella fede shintoista i kami, le divinità, sono "onnipresenti" e avendo la facoltà di essere dove vogliono quando vogliono, non possono essere confinati in uno spazio sacro ben definito.
La localizzazione del Tigillo Sororio, che per un raro e fortunato caso è stato possibile collocare nella zona dei Fori Imperiali in corrispondenza dell’inizio della stradina moderna in salita (Clivo di Acilio) simmetrica, sull’altro lato di Via dei Fori Imperiali al Clivo di Venere Felice, in corrispondenza del murus terreus, e che potrebbe essere la porta che si apriva all’estremità nord orientale della Roma che si estendeva dal Palatino alle Carine, si è rivelata di straordinaria importanza proprio per la sua posizione all’estremità orientale della Sacra Via. E’ stato proposto di vedere nel Tigillo Sororio una memoria degli antichi Iuga che, non necessariamente connessi a sistemi difensivi, rappresentavano ritualmente gli accessi ai più antichi comprensori abitati della fase protourbana di Roma. In questa interpretazione trovano una significativa collocazione i due aspetti di Giano, venerato come Curiazio, accompagnato da Iuno Sororia, al limite orientale e come Quirino, insieme a Cloacina, presso quello occidentale di quella che, solo in seguito diventerà la Sacra Via, ma che già all’epoca del Trimontium indica la piena coscienza del limite dell’abitato e la sua connotazione come spazio sacro destinato a culti liminali. Il racconto mitico e gli aspetti religiosi e istituzionali legati a questo monumento testimoniano la complessità delle funzioni che rivestiva. Il racconto etiologico lo mette in relazione al luogo dell’uccisione della sorella da parte dell’Orazio vittorioso al suo rientro in città, mito che spiega la cerimonia di purificazione dei guerrieri che lì si svolgeva : il dies natalis del tigillum corrisponde al 1° di ottobre, quando al termine della stagione bellica, ci si liberava dalle impurità accumulate in guerra per venire riammessi nel corpo civico a pieno diritto. Il tigillum oltre ad ospitare il rito del passaggio dall’età puberale a quella matura e quindi l’ingresso nell’età adulta e nel corpo civico, rappresentava anche una sorta di arco trionfale passando sotto al quale, al rientro dalla guerra, si ottenevano la purificazione e il reintegro tra i cives: riti di separazione e aggregazione che evidenziano, ancora una volta, che i luoghi del passaggio materiale sono costantemente pregni di significati simbolici e che talvolta le forme architettonico-monumentali rappresentino la materializzazione dell’ elemento magico –rituale.

12 febbraio 2007

“Stretta la porta e angusto è il cammino che conduce alla Vita, e pochi lo trovano”

L’universo linguistico che ruota attorno alla parola “porta” è direttamente proporzionale alla sua importanza simbolica. Tutte le metafore che utilizzano il sema “porta” sottendono il “cambiamento di stato” che è in definitiva la ragione della porta. La stessa rivelazione del sacro avviene attraverso un varco che si apre nel mondo del non essere, una frattura attraverso la quale l’ordine, contrario del caos, penetra lo spazio trasformandolo in ordine, mondo.
Così come il significante “porta”, nel suo senso astratto, è utilizzato per denominare tipi di varco che vanno ben oltre l’accezione architettonica, allo stesso modo la rappresentazione dell’apertura e la sua considerazione come luogo del cambiamento di stato conducono il simbolo “porta” a rappresentare molto di più del passaggio materiale e divenire di conseguenza anche emblema della nuova nascita, dell’iniziazione, dell’evoluzione fisica, psichica e spirituale, della conoscenza assoluta, dell’estasi mistica, della realizzazione della pienezza dell’esistenza umana.
L’immagine della porta, che nella complessità dei suoi significati simbolici è divenuta, addirittura, luogo del mutamento ontologico, si densifica di nuovi attributi quali ad esempio quelli che coniugano l’idea di passaggio con quella di difficoltà.
La porta si stringe e si abbassa a simboleggiare proprio questa difficoltà e, insieme all’immagine del ponte, trova posto nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie. La porta bassa del tempio massonico costringe il profano a piegarsi non perché si senta umiliato, ma come monito della difficoltà del passaggio dal mondo profano a quello sacro. Nella mitologia iraniana Il ponte Cinvat sotto al quale si apre l’abisso dell’inferno, è largo quanto nove lance al passaggio dei giusti, ma si restringe fino a diventare stretto come la lama di un rasoio per gli empi. Lo stesso ponte compare davanti ai mistici durante il viaggio estatico verso il cielo. (Dinkart, IX, xx,3; Videvdat, III,7). Una simile immagine compare nella letteratura mistica araba dove un ponte più stretto di un capello collega la Terra al Paradiso. Leggende medievali parlano di un ponte nascosto nell’acqua, e Lancillotto è costretto ad attraversare un “ponte sciabola” sul quale deve passare a mani e piedi nudi. Sono solo alcuni esempi di come la simbologia legata al passaggio, sia esso iniziatico o funerario, utilizzi topoi del quotidiano e di come essi acquisiscano valenza sacrale conferendo poi, di rimando, sacralità anche alle apparentemente comuni attività del quotidiano.