26 giugno 2006

A proposito del lupo...

A discolpa di bambine sfrontate, nonne incaute e madri smemorate, bisogna però ammettere che il lupo ci sa fare sul serio. Abile e seducente interlocutore, convince Cappuccetto Rosso ad accettare la sua sfida, astuto e istrionico imitatore inganna i non più arguti sensi della povera nonna che lo lascia entrare. Conoscitore esperto di psicologia femminile vince in partenza, puntando tutto sulla notoria attitudine delle madri di non far giammai tesoro delle esperienze passate.
Per essere un animale selvatico non c’è malaccio….ma la doppia natura di cacciatore selvaggio e grande organizzatore di cacce è nota fin dall’antichità che conosceva, in Grecia, un Apollo Lykeyos (lupo) ma anche Karneios (caprone), proprio in virtù del suo dualismo. Nel mondo romano, Fauno Luperco, il lupo sgozzatore che va tenuto lontano dalla porta di casa nella notte dopo il parto, è anche demone protettore del limen e del terminus, sovrano e primo istitutore di culti.
E' possibile comprendere come Fauno Luperco nell'iconografia cristiana e nella conseguente favolistica sia stato un pò bistrattato. Tuttavia non si può negare che nel suo mondo era un gran figo. Andatevi a leggere le sue gesta in “La nascita di Roma”, Torino 1997, il best seller di Andrea Carandini, il più grande studioso delle origini del mondo romano attualmente sulla piazza. Chissà, forse Carandini stesso è un pò Luperco...

16 giugno 2006

Il Lupo alla Porta

Claustrofobia e agorafobia sono due forme di paura molto legate al concetto di porta, di passaggio: nel primo caso la paura scaturisce quando le porte si chiudono, nell’altro quando si aprono. Si tratta di due fobie molto note e molto diffuse con vari livelli di intensità che vanno dal senso di disagio quasi impercettibile o tollerabile, alla vera e propria nevrosi fobica, e che implicano una forte interiorizzazione del concetto di porta come elemento che consente/vieta il passaggio fisico dell’altro verso di sé o di se verso l’altro.

“Non aprire a nessuno” e “Non chiuderti dentro” sono due tra le prime precauzioni che impariamo da bambini, insieme a non toccare, non dire bugie, non andare con chi non conosci, in quella sorta di decalogo della sicurezza che ogni buon genitore impone a fin di bene. “Non aprire a nessuno” subirà poi varie evoluzioni, che vedranno ampliarsi lo spazio del divieto in misura proporzionale all’età del bambino, e sarà quindi “Non allontanarti da qui” e poi via, via “Non oltrepassare quel certo limite”.

Il mondo delle favole è pieno di porte aperte inavvertitamente o per curiosità e di oscuri personaggi che riescono a varcare la soglia dimostrando all’incauto disobbediente in quali pericoli si possa incappare per l’inosservanza del divieto genitoriale.

La mamma capra della fiaba “Il lupo e i sette capretti” lascia i suoi piccoli a casa dopo aver raccomandato a lungo di non aprire a nessuno, che il lupo è sempre in agguato e che usa mille travestimenti per riuscire ad entrare e mangiare tenere carni di capretti disobbedienti in un sol boccone. Nonostante ciò sei capretti su sette, non resistono e aprono cadendo nel tranello del lupo che con i suoi espedienti è riuscito ad ingannarli, ma soprattutto a suscitare la loro irrefrenabile curiosità. E’ molto significativo il fatto che l’unico che di loro riuscirà a non essere divorato è quello che si infila nella pendola, riuscendo in extremis a realizzare in parte la prescrizione materna: se non è riuscito ad evitare ai fratelli di aprire la porta è però riuscito almeno a chiuderne una, quella dell’orologio a pendolo in cui riesce a nascondersi.

Il lupo e la porta un binomio che viene da lontano. Nell’antica Roma, Fauno, il lupo, l’istintualità selvaggia, si aggira intorno alle capanne dell’abitato arcaico e, di notte, Incubus, riesce penetrare nei giacigli delle donne. Il dialogo forse più famoso dell’immaginario infantile si svolge tra una bambina impertinente ed un Lupo comodamente sdraiato in un letto: “Che occhi grandi hai, Nonnina….”. Come in “Il lupo e i sette capretti” anche in “Cappuccetto Rosso“ un lupo è riuscito a varcare la soglia, ma a differenza della porta di casa di Mamma Capra, la porta della casupola ai margini del bosco dove vive le nonnina non è poi tanto ben protetta, a Cappuccetto Rosso infatti basta tirare “…la cordicella e la porta si aprirà”. Universo femminile particolarmente coraggioso o forse incauto, le tre donne della favola “Cappuccetto Rosso”, non sembrano valutare opportunamente i pericoli, o addirittura sembrano porsi quasi in un atteggiamento di sfida: la mamma ritiene che sia sufficiente il solo indicare la strada meno pericolosa da seguire, la bambina lascia il sentiero conosciuto per addentrarsi nel bosco…ma d’altra parte cosa aspettarsi dalla progenie di una nonnina che se ne sta tranquilla nel letto senza avere sprangato la porta della sua casetta nel bosco?

14 giugno 2006

I bambini Temne

L’evento più probabile che può occorrere oltre la soglia dello spazio interno è quello di "non conoscere" e di "non essere conosciuti", di non conoscere le regole, di non riuscire ad orientarsi. I bambini Temne della Guinea sanno che fuori del villaggio, se si inoltrano tra gli alberi, possono essere presi da vertigini e possono perdersi. Ma sanno anche che in quel caso dovranno chiamare a gran voce i loro genitori che li ritroveranno. Sanno che è lo spirito dei boschi, l’Aronshon, a far loro questa magia e che tutti i bambini lo incontreranno almeno una volta nella vita. Varcata la soglia del villaggio c’è quindi l’estraneità, e i bambini sanno fin da piccoli come far fronte alla possibilità/necessita di affrontarla.

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04 giugno 2006

Prolegomeni sul Dentro e sul Fuori

Nel mondo antico il confine tra due territori non era una linea virtuale come nei nostri giorni, esisteva intorno una zona di rispetto, terra di nessuno, zona quasi sempre boscosa o paludosa, essere in quella zona significava essere sospeso tra due mondi, essere al margine, in attesa. I confini venivano contrassegnati da oggetti collocati con riti di consacrazione che li legavano a divinità tutelari , il luogo così circoscritto diventava sacro e sacrilego era chi vi si introduceva, il divieto di passaggio diventava così una interdizione magico religiosa, che nel mondo classico era annunciata da cippi di confine, mura, statue, mentre presso i popoli semicivilizzati da oggetti molto più semplici, come pali di legno , cippi di pietra, transenne o mucchi di terra.
Quando il re di Sparta partiva per la guerra, faceva sacrifici a Zeus. Se la sorte gli era favorevole un piroforo prendeva il fuoco dall’altare, e incedendo davanti all’esercito, lo portava fino alla frontiera. Qui il re compiva un nuovo sacrificio e se la sorte gli era di nuovo favorevole, passava la frontiera facendo sempre precedere l’esercito dal piroforo.

Si tratta costantemente di riti che sottolineano l’uscita da un mondo e l’ingresso in uno nuovo, ed il cerimoniale relativo viene applicato non solo al passaggio da un territorio all’altro, ma anche, da un quartiere all’altro, da un villaggio all’altro, dall’interno all’esterno di una casa, e quindi la zona deputata al passaggio varia, andando dalla linea di confine, alla porta della cinta muraria, alla porta di casa.

La soglia, elemento che consente il passaggio materiale, si trova ad essere il punto nevralgico del complesso sistema architettonico e sacrale rappresentato dalla porta, dove ogni elemento componente ha una funzione strutturale e magico religiosa, e che in dipendenza della sua collocazione e della sua funzione (porta muraria, porta di edificio domestico o sacro,) è sede di diversi riti, che Van Gennep suddivide in preliminari, liminari e postliminari e che rappresentano il denominatore comune di ogni cerimoniale di passaggio.